L’OPTOGENETICA CONSENTE AI RICERCATORI DI STUDIARE IL RUOLO DI QUESTE CELLULE NEL COMPORTAMENTO E NELLE FUNZIONI CEREBRALI PROPRIO UTILIZZANDO LA LUCE.
L’Optogenetica è stata utilizzata in un’ampia gamma di applicazioni di ricerca, tra cui lo studio del cervello degli animali e il trattamento delle malattie del cervello umano.
Nell’optogenetica, l’obiettivo principale è stampare molecole fotosensibili o fotosintetiche che si accoppiano a quelle elettricamente sensibili presenti naturalmente nei neuroni, facendo sì che questi ultimi sviluppino una sensibilità alla luce.
Grazie ai neuroscienziati Edward Boyden, Karl Deisseroth e GeroMiesenböck, che sono i creatori dell’optogenetica, abbiamo un nuovo progresso in medicina per controllare il cervello.
L’optogenetica è stata utilizzata anche per trattare malattie del cervello umano, come il morbo di Parkinson e la depressione.
Allo stesso modo, altri studi hanno a che fare con la scoperta di come vengono elaborate le emozioni.
Viene anche utilizzata per studiare come avvengono comportamenti come l’apprendimento, la memoria e il movimento.
In questo senso, questa tecnica si basa sull’uso di proteine sensibili alla luce, chiamate opsine, che possono essere espresse in alcune cellule cerebrali e che possono attivare o inibire la loro attività quando vengono esposte alla luce di una certa lunghezza d’onda.
L’optogenetica presenta anche alcune sfide e limitazioni. Uno dei problemi principali è la penetrazione della luce, che non riesce a passare facilmente attraverso la pelle e il cranio, il che ne limita l’uso nell’uomo e negli animali più grandi.
Per questo motivo la luce può essere tossica per le cellule se utilizzata in dosi troppo elevate, il che richiede una precisione e un controllo molto elevati per evitare danni ai tessuti.
Allo stesso modo, l’altro problema è la mancanza di selettività nell’attivazione delle cellule. I circuiti neurali sono molto complessi e la luce può attivare cellule non previste, il che può portare a risultati inaspettati ed effetti collaterali. Un’altra limitazione è la durata della risposta.
D’altra parte, le opsine hanno diverse proprietà di assorbimento della luce e sono membri della famiglia dei recettori accoppiati a proteine G; i loro ligandi sono cromofori a base di vitamina A.
Proteine fotosensibili nelle membrane delle cellule fotorecettrici, come i bastoncelli e i coni.
La rodopsina è un fotopigmento, nello specifico una glicoproteina monomerica integrale di membrana che appartiene ai recettori accoppiati a proteine G (GPCR).
La sua funzione è quella di rilevare i fotoni che raggiungono la retina dei vertebrati, cioè di rispondere allo stimolo fisico della luce.
Per azione della luce, la molecola di rodopsina viene scomposta in una proteina (opsina) e in retinale (aldeide della vitamina A) e questo processo induce l’inizio di una serie di reazioni che stimoleranno il nervo ottico, dando così inizio alla trasmissione degli impulsi nervosi al cervello.
La rodopsina si trova nei bastoncelli della retina. Per effetto della luce, la molecola di rodopsina viene scomposta in una proteina (opsina) e in retinale (aldeide della vitamina A) e questo processo induce l’inizio di una serie di reazioni che stimoleranno il nervo ottico, dando inizio alla trasmissione degli impulsi nervosi al cervello.
Possiamo quindi dire che l’optogenetica è una tecnica di ricerca che ci permette di controllare e manipolare l’attività di specifiche cellule del cervello utilizzando la luce.
FONT
https://neuronup.com/neurociencia/que-es-la-optogenetica/